La crisi della middle class rappresenta, oramai, un aspetto ricorrente del dibattito socio-economico recente.
Per il Censis circa il 60% degli italiani si percepisce come ceto medio ma aumentano quanti valutano in discesa la propria posizione sociale: più del 48% prova un senso di declassamento nella scala sociale. Due sono i principali aspetti che determinano la percezione del deterioramento del proprio tenore di vita da parte della classe media, a monte dell’effetto dell’inflazione: le crescenti difficoltà ad acquistare la prima casa e l’incertezza sulle prospettive lavorative e di progresso di carriera a cui si aggiunge il timore di essere rimpiazzati dalle nuove applicazioni di intelligenza artificiale. Queste criticità diventano quindi terreno fertile per la crescita di approcci populisti che invece di adoperarsi per la soluzione, alimentano sfiducia e timore verso gli altri, inclini come sono ad attribuire questa situazione a fattori esterni e alla tirannia delle élite dominanti. Ciò che serve, invece, è proprio l’opposto dell’atteggiamento che corteggia risposte semplici basate sulla contrapposizione e dell'isolazionismo, un approccio basato sulla collaborazione tra le diverse componenti della società.
Gli ingredienti di questo approccio “complesso” che risponde alla semplice ricetta populista sono al centro della riflessione esposta dal direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito, nell’articolo pubblicato sul blog di HuffPost dal titolo “Contro il logorio della classe media moderna”.