Le medie imprese italiane, pilastro fondamentale del settore industriale italiano, sono una “pattuglia” di circa 4.000 imprese a base familiare tra i 50 e i 499 addetti, esse generano il 16% del fatturato industriale del Paese e si distinguono per performance che, negli anni, si sono rivelate superiori rispetto alle piccole e grandi imprese in termini di fatturato, crescita di addetti e performance competitive. Non solo in Italia ma anche rispetto alle medie imprese francesi e tedesche. E questo accade in particolare per la produttività, ossia proprio per l’indicatore considerato critico per il nostro Paese nei confronti internazionali.
Particolarmente rilevanti, inoltre, sono i risultati delle medie imprese nel Mezzogiorno che (contrariamente a quasi tutto il resto) rilevano indicatori economici superiori a quelli delle loro omologhe del resto del Paese per fatturato, occupazione e competitività.
Perdipiù, si tratta di aziende che sopportano un carico fiscale molto più alto delle grandi imprese e ancora maggiore nel Mezzogiorno dove, sostanzialmente per effetto delle addizionali IRAP più elevate delle regioni meridionali, l’incidenza fiscale supera il 31% contro il 28,5% delle medie imprese del Centro Nord.
Eppure continuano ad investire e ad assumere. Ma allora ci si chiede, come mai ? Come ottengono risultati così positivi addirittura nelle aree più in difficoltà del Paese, dove ci sono elevati livelli di diseconomie esterne che rappresentano un indubbio aspetto di penalizzazione?
L’avere una base imprenditoriale familiare, spesso però con buoni o discreti livelli di delega gestionale, ha rappresentato un vantaggio competitivo rispetto ad altre situazioni di grandi imprese managerializzate in cui lo spirito imprenditoriale è risultato almeno sopito, se non proprio assente.
Tuttavia le medie imprese italiane - al centro di un progetto pluriennale di ricerca curato da Mediobanca, Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere - soffrono di una scarsa rappresentanza e visibilità, rimanendo ai margini delle politiche industriali, che privilegiano le micro e le grandi imprese.
Ma se vanno così bene perché preoccuparsene?
La risposta è al centro della riflessione esposta dal direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito, nell’articolo pubblicato sul blog di HuffPost dal titolo “Per i 'mediani' della nostra economia serve maggiore attenzione delle politiche industriali”.