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Per lo sviluppo delle imprese "civili" serve un forte rilancio delle politiche di coesione

Può l’industria darsi dei fini? Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, nel rispondere a questa fondamentale domanda che nel 1955 era al centro delle riflessioni di Adriano Olivetti, traccia una efficace sintesi storica del concetto di imprese ed economia civile, fino a inquadrare lo stato di salute delle imprese “coesive” del nostro Paese.

Queste ultime sono quelle che esprimono un più ricco e vasto sistema di relazioni sia al proprio interno, sia con riferimento al più ampio contesto esterno, attente ai temi della crescita del capitale umano, alla partecipazione ad iniziative di tipo ambientale e sociale, alla cooperazione con le istituzioni del territorio e più in generale alla collaborazione con il mondo del volontariato e delle comunità.

L’Istituto Tagliacarne-Unioncamere insieme a Symbola ne ha fatto una valutazione stimandole nel 43% delle pmi manifatturiere, in crescita rispetto al 32% del 2018.

Relazionalità coesione e convenienza aziendale sono qualità che si alimentano a vicenda e si traducono in performance migliori delle imprese “coesive” tanto per le dinamiche di fatturato (nel 2024 sono il 34% le imprese coesive che stimano aumenti di fatturato rispetto al 2023, contro il 25% delle altre), quanto per l’occupazione (25% di indicazioni di incremento nel 2024 rispetto al 16% delle altre imprese) che per le esportazioni (27% contro 21%). E non solo.

Le imprese coesive prevedono anche una crescita nel 2024 delle quantità prodotte (nel 30% dei casi contro il 22% delle non coesive). E questi andamenti distintivi si confermano anche per le previsioni 2025 per tutti i parametri considerati.

La coesione, inoltre, migliora la sfida innovativa sulla “doppia transizione”. Le imprese coesive sono più propense all’innovazione digitale e green: il 28% delle imprese coesive ha già adottato, o ritiene di farlo a breve, innovazioni nell’ambito di Transizione 4.0, contro l’11% delle altre imprese, e il 39% ha investito in eco-sostenibilità contro il 19% delle altre imprese.

A fronte di queste evidenze la riflessione di Gaetano Fausto Esposito, affidata all’articolo pubblicato sul blog di HuffPost dal titolo “Per lo sviluppo delle imprese “civili” serve un forte rilancio delle politiche di coesione sociale”, giunge a una possibile soluzione del quesito iniziale: «Se si vuole sviluppare un contesto di maggior relazionalità d’impresa e migliorare la competitività del sistema imprenditoriale, oltre a una policy industriale, serve il rilancio di una policy per la coesione sociale».


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