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Più del dazio in sé potrà far danni veri l'instabilità sistemica

La politica di supremazia di Donald Trump sta mettendo in crisi il sistema di interdipendenze globali su cui si è basata finora la stabilità economica internazionale. La strategia dei dazi sta generando un clima di incertezza crescente che impatta profondamente sulla fiducia dei mercati finanziari e sull’approccio multilaterale come fattore di stabilizzazione.

In questi giorni la discussione pubblica si concentra soprattutto sulle perdite per i Paesi esportatori, tuttavia i rischi più critici riguardano le conseguenze sistemiche, ossia la perdita di fiducia nelle catene globali del valore e l’effetto a cascata sulle economie interconnesse. Questo, probabilmente, è il rischio maggiore piuttosto che l’altro (tutto sommato gestibile almeno nel breve periodo) della contrazione del nostro export verso gli Stati Uniti. 

Infatti, tutti gli indicatori che misurano l’incertezza mondiale sono in rapidissima salita, e questo rischia di “avvitare” il commercio internazionale in una spirale al ribasso, all’interno dello uno scenario mondiale in cui le interconnessioni produttive e commerciali rappresentano  il “tessuto nervoso” dei sistemi produttivi.

Nel passato il network di interdipendenze è stato considerato un fattore di stabilizzazione, tanto che è stata coniata l’espressione di embedded liberalism, un approccio che avrebbe dovuto contemperare interventismo dei singoli stati con un regime multilaterale, il tutto assicurato dal buon funzionamento del mercato.

La politica di supremazia trumpiana sembra averci proiettato nella visione opposta della cosiddetta “interdipendenza armata”, che modifica profondamente la fiducia nei mercati finanziari e nell’approccio multilaterale come fattore di stabilizzazione. Intaccare la fiducia nelle catene del valore può produrre effetti a cascata difficilmente valutabili nelle conseguenze.

Una prima analisi condotta da Marco Pini e Domenico Bognoni dell’Istituto Tagliacarne evidenzia che l’impatto diretto dei dazi sull’export italiano verso gli Stati Uniti sarebbe inferiore al 40%. La parte più rilevante delle perdite deriverebbe invece dall’incertezza e dal rallentamento delle filiere internazionali in cui le imprese italiane sono coinvolte come subfornitrici.

L’alimentazione di una instabilità sistemica, quindi, danneggerebbe tutta l’economia mondiale, inclusa quella statunitense nella sua veste di Paese esportatore a causa della crescente incertezza in cui la politica dei continui annunci trumpiani sta mettendo il mondo intero.

In questo scenario i giudizi di convenienza dei “modelli populistici” basati su narrazioni semplificate (e amplificate dai social media) che identificano sempre un “nemico da combattere” e congiure altrui, possono condurre ad altre valutazioni e rappresentazioni. Fino a ora una narrazione “addomesticata” ha favorito negli USA la visione del presidente statunitense, ma non è detto che il continuo rafforzamento delle ragioni economiche non possa condurre a un loro sopravvento nel tempo, grazie anche a una maggiore consapevolezza degli “effetti perversi” da parte dei cittadini e delle imprese americane. 

Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi G. Tagliacarne, affronta questi temi nell’articolo pubblicato sul blog di HuffPost, dal titolo “Più del dazio in sé potrà far danni veri l'instabilità sistemica”.

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